Cos’è il fast fashion

Il fenomeno del fast fashion è uno dei più discussi nel settore della moda.
Questa modalità di concepire e consumare i capi d’abbigliamento si basa su una produzione ispirata ai grandi brand, ma a prezzi contenuti e con tempi di produzione estremamente rapidi.
L’obiettivo è quello di realizzare prodotti di tendenza e di renderli disponibili al consumatore nel minor tempo possibile, minimizzando i costi.
Si tratta quindi della pratica opposta rispetto all’economia circolare, che punta non solo alla sostenibilità, ma anche alla condivisione e riciclo di prodotti il più a lungo possibile.

 

Le origini della “moda veloce”

I primi accenni di questo modello risalgono al 1600, quando in America iniziarono ad aprire i cosiddetti Slop Shop, negozi che vendevano uniformi militari nuove e usate a lavoratori che non potevano permettersi capi cuciti su misura. È qui che nasce un concetto di fast fashion primitivo, ma valido ancora oggi: comprare abiti pronto moda a basso prezzo.
Con la rivoluzione industriale nell’800 e la diffusione delle macchine da cucire, prende piede la realizzazione degli abiti in serie, destinati alle donne della classe media.
In questo contesto, i lavoratori sfruttati esistevano già. I capi venivano infatti prodotti da persone che lavoravano a casa, per un compenso molto basso e una tutela quasi inesistente.
Dai primi anni del ‘900, si diffonde la vera produzione standardizzata e di massa, caratterizzata dai modelli studiati per ridurre i costi che conosciamo oggi.
Da allora, l’acquisto dei capi di abbigliamento è triplicato, causando un forte aumento della quantità di indumenti prodotti, utilizzati e scartati.

 

Perché il fast fashion inquina?

La caratteristica principale del fast fashion è il suo elevato impatto ambientale, del tutto incompatibile con un futuro rispettoso del pianeta e dei suoi abitanti.
Oltre all’enorme uso di elettricità e spreco di acqua, i brand low cost producono annualmente milioni di tonnellate di rifiuti tessili sintetici, difficili da smaltire anche a causa delle sostanze chimiche nocive presenti al loro interno.

Come riportato da un’indagine Greenpeace del 2022, il famoso marchio fast fashion Shein desta molta preoccupazione in ambito di inquinamento.
In particolare, l’inchiesta è stata realizzata da Greenpeace Germania che ha acquistato, e analizzato, 42 articoli del noto brand di moda low cost.
I risultati allarmanti hanno mostrato la presenza di materiali inquinanti in gran parte dei capi presi in esame, in alcuni casi superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee.

Non finisce qui.
Per i brand della moda veloce, la capacità di produrre in massa per soddisfare una domanda sempre crescente è il risultato di scelte poco sostenibili anche in ambito sociale.
Per abbattere i costi e permettere ai brand di produrre in quantità sempre maggiori, spesso la confezione degli abiti avviene in paesi in via di sviluppo, dove la manodopera è più economica e i diritti dei lavoratori non vengono rispettati.
Numerose aziende di fast fashion scelgono infatti di abbassare il salario degli operai e ridurre i fondi investiti per la manutenzione dei cosiddetti Sweat Shops, le fabbriche dove avviene la produzione.
Questo comporta un decisivo peggioramento delle tutele per i lavoratori, costretti a turni estenuanti senza ricevere il giusto compenso.

 

Scelte Detox per combattere il problema

L’abbigliamento a basso costo diffuso dalle grandi catene rappresenta un problema in crescita, non solo a causa della scarsa tutela dei diritti dei lavoratori, ma anche per l’inquinamento che ne deriva.
Dai recenti studi, si evince che alcuni brand utilizzano ancora sostanze nocive nella produzione.

Per questo motivo, nel corso del 2021, il Parlamento europeo ha votato per un piano d’azione in termini di economia circolare che mira a raggiungere gli obiettivi fissati entro il 2050.
La strategia proposta punta a eliminare le microfibre nell’ambiente e aggiungere standard più severi riguardo i consumi produttivi.

Ogni azienda ha il compito di rendere la filiera produttiva tracciabile, assicurando alti standard qualitativi e il benessere dei lavoratori.
Per prendere parte a questa sfida, diverse aziende guidate dall’associazione Confindustria Toscana Nord si sono unite, perseguendo gli impegni Detox di Greenpeace.
Il Consorzio Italiano Implementazione Detox nasce per gestire il percorso comune delle imprese aderenti verso un sistema produttivo privo di sostanze tossiche e una moda sostenibile.
Credere in un progetto comune tiene alta la passione. Per questo, lavorare in squadra, rappresenta un vero punto di forza.
È importante che anche i consumatori contribuiscano al cambiamento.
Acquistare capi in modo consapevole e adottare scelte che tutelino il pianeta e il benessere dei lavoratori, è il primo ma fondamentale passo verso un futuro alla moda, ma sostenibile.