6/04/2017 –  L’industria tessile della cittadina toscana affonda le sue radici nel XII secolo. Dopo la crisi degli anni 80, oggi il distretto sta tornando a crescere grazie anche a una maggiore attenzione all’ambiente.

Dodici comuni per un’area di 700 chilometri quadrati che si estende da Prato a Pistoia, fino a Firenze, che interessa 300 mila abitanti. Quello di Prato – come si legge sul sito della Regione Toscana – è uno dei più grandi distretti industriali italiani e mondiali per la produzione di filati e tessuti di lana. Nei primi nove mesi del 2016, secondo l’analisi del Monitor dei Distretti della Toscana, realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo per Banca CR Firenze, è al terzo posto tra le prime venti realtà industriali italiane, con un aumento di circa 78 milioni di euro (+6,5%). Recentemente il Centro Studi di Confindustria Toscana Nord ha realizzato un report da cui emerge anche un incremento della marginalità operativa lorda (Mol): il dato del 2015 infatti (+6,76%) è il migliore di tutto il decennio.
Nelle fabbriche tessili di Prato c’è una grande varietà di materie prime, che vanno dalla lana al cotone, fino alle fibre artificiali e a quelle sintetiche, trattate con vari processi: la filatura pettinata e cardata, la tessitura ortogonale a maglia e la nobilitazione. Ma quello che caratterizza ancora di più questo distretto è l’ampio target di persone a cui questi prodotti sono destinati: dal ceto medio fino agli amanti del lusso, che comprano sia abbigliamento sia complementi d’arredo. L’importante, per tutti, è che arrivi da Prato.

Tradizione centenaria

La tradizione tessile in città arriva da lontano: già nel XII secolo è presente la corporazione dell’Arte della Lana, che regola la produzione di panni. Nel 1800, invece, si passa a una produzione industriale. In questo periodo i lanifici pratesi si specializzano in tessuti per donne, sviluppando una particolare abilità nel disegnare e intrecciare i filati.
È però tra il 1950 e il 1981 l’industria tessile pratese conosce la sua “età dell’oro”, mentre la crisi arriva negli anni Ottanta, dopo la diffusione di tessuti più pregiati come cashmere, mohair, cotone e viscosa. È qui che il numero degli addetti crolla: da 60 mila si passa a 45 mila, mentre le imprese da 16 mila diventano 10 mila. Gli anni Novanta, con il crollo delle valute asiatiche, portano a una parziale ripresa, fase che si interrompe però nel 2001, quando il fatturato crolla di un punto e mezzo percentuale. Oggi il distretto di Prato conta circa 45mila lavoratori impiegati in 9mila aziende, perlopiù di medie e piccole dimensioni, tutte indipendenti tra loro e ognuna specializzata. Sono poi le grandi o medio-grandi imprese a tirare le fila, è proprio il caso di dirlo, della produzione. È così che Prato è diventato un grande e unico laboratorio tessile.
La più antica azienda tessile, il Lanificio Cangioli, nasce nel 1835 e inizialmente si occupa di “scialli, stoffe, flanelle, coperte e casimirre”, come recita il sito dell’azienda. Nel 1905 il lanificio sviluppa una rete commerciale che gli consentirà di entrare nei mercati di Inghilterra e Germania. Sarà poi Vincenzo Cangioli, intorno al 1930, a costruire un nuovo stabilimento in cui verrà spostata tutta la filatura e tessitura, ampliando ancora la produzione alla realizzazione di coperte, anche per l’esercito italiano. Negli anni ’40 lo stabilimento raggiungerà i 20 mila metri quadri, aggiungendo i reparti di lavorazioni di tintoria e finissaggio. Saranno poi gli anni ’90 a dare la svolta: Vincenzo e Sabina Cangioli avvieranno l’azienda verso un più alto grado di innovazione, flessibilità e standard qualitativi, sviluppando una struttura industriale verticalizzata.

Attenzione all’ambiente

Ma il distretto non si distingue solo per la qualità, ma anche per l’attenzione all’ambiente. A febbraio 2016, infatti, venti aziende tessili pratesi hanno sottoscritto l’accordo Detox promosso da Greenpeace, lo standard più elevato per una produzione senza sostante tossiche nel settore della moda. Tra le realtà industriali che lo hanno condiviso anche alcuni marchi storici della città come Pecci, Bemiva, Lanificio Bellucci e Marini Industrie.
Tra le aziende che hanno sottoscritto l’accordo c’è anche Furpile Idea, fondata nel 1972, che ha mosso i primi passi nel mercato della pelliccetta e della lana cotta. Si tratta di un’azienda che negli anni Ottanta si è dedicata al pile diventando in poco tempo leader nel settore. Da quando alla guida è arrivato Andrea Cavicchi, poi, l’azienda si è ringiovanita molto e questo le ha permesso di adeguarsi al nuovo mercato e ha addirittura ottenuto l’“Oeko Tex Standard 100”, il massimo riconoscimento per la genuinità dei prodotti tessili.

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